Una maison de la poésie nel cuore della Ville Lumière

Insegna della Maison de la Poésie

Insegna della Maison de la Poésie

Nel centro di Parigi, a pochi minuti da Rue de Rivoli, c’è un luogo interamente dedicato alla poesia e alla letteratura. Maison de la Poésie si trova nel Passage Molière, luogo predestinato già solo per il nome, nella città che è stata per secoli il cuore pulsante della cultura europea. Inizialmente ideata nel 1983 dai poeti Pierre Seghers e Pierre Emmanuel, viene costruita sulla terrazza del Forum des Halles dall’allora sindaco Jacques Chirac. Obiettivo del centro è quello di dedicarsi interamente alla poesia contemporanea. Nel 1995 si sposta al Teatro Molière, in Rue Saint Martin 157, 3° arrondissement, la sede attuale. La grande sala Pierre Seghers contiene 180 spettatori, mentre la piccola sala Lautréeamont, una trentina.

Ce nouveau projet consiste à revenir plus radicalement au nom même du lieu et à en faire une Maison au sens le plus fort du terme, à la fois curieuse, audacieuse et accueillante. Cette Maison ne sera donc plus conçue à la manière d’un théâtre comme c’était le cas jusqu’à présent (avec une programmation annuelle de spectacles fixée en amont) mais comme un lieu dédié aux auteurs, à la littérature et à son actualité“. Così Olivier Chaudenson, attuale direttore della Maison, spiega gli obiettivi e le finalità di questo spazio culturale, rinnovato nel 2012 e rinominato Maison de la Poèsie – Scène littéraire. Non più quindi soltanto poesia contemporanea, ma un centro letterario a tutti tondo, aperto a ogni forma e tipo di arte scritta.
(Questo nuovo progetto consiste nel ritornare in modo più radicale al nome stesso di questo luogo e nel creare una casa, nel senso più forte del termine, allo stesso tempo curiosa, originale e accogliente. Questa maison non sarà più quindi considerata un teatro, come lo era finora – con una programmazione annuale di spettacoli fissi prestabiliti – ma rappresenterà un luogo dedicato agli autori, alla letteratura nella sua attualità.)

Entrata de La Maison de la Poésie

Entrata de La Maison de la Poésie

Si vuole quindi ridare la parola agli autori, tramite dibattiti, incontri, letture e spettacoli. Non sarà quindi soltanto la rappresentazione a fare da protagonista nelle due sale della Maison, ma il vero e proprio poeta, la persona che sta dietro alla creazione di letteratura, così come la creazione di letteratura stessa. “Au service des auteurs et des acteurs du livre, son objectif sera de transmettre la littérature dans toute sa diversité, de renforcer le désir de lecture et de stimuler la curiosité du public.” (Al servizio degli autori e degli scrittori, il suo obiettivo sarà quello di trasmettere la letteratura in tutta la sua diversità, di rafforzare il desiderio di lettura e stimolare la curiosità del pubblico.) Fulcro di ogni incontro è quindi il tentativo di trovare una mediazione tra testo e pubblico. Il libro diventa quindi uno spazio di dibattito aperto, con cui sia il suo ideatore sia i lettori possono giocare e trovare nuove forme di interpretazione. Insomma, la Maison de la Poésie vuole essere uno spazio in cui la letteratura prende vita.

Il logo

Ecco, quelli che soffrono di domestici affanni,
rotti dalla fatica, tormentati dagli anni,
sfiniti e curvi sotto il mucchio di rifiuti
che l’enorme Parigi confusamente sputa,

tornano, e hanno addosso l’odore della botte,
seguiti da compagni, veterani di lotte,
i grandi baffi penduli come vecchie bandiere.
Appaiono stendardi, archi di trionfo, fiori,

per grandiosa magia sorti dinanzi a loro:
nel frastuono e nell’orgia fremente di tamburi,
di squilli, di richiami, nel chiassoso splendore,
regalano la gloria a genti ebbre d’amore.

(Il vino degli straccivendoli, Charles Baudelaire)

La casa di Arthur Conan Doyle risorge a nuova vita

“If we could have ordered Nature to construct a spot for us we could not have hit upon anything more perfect. I have bought four acres under £1000 and I don’t think it will prove to be a bad investment.
(Se avessi ordinato alla natura di creare un posto per noi, non avremmo potuto avere niente di più perfetto. Ho comprato quattro acri per 1000 sterline e non credo si rivelerà un cattivo investimento)

Undershaw, la casa in cui Arthur Conan Doyle ha abitato dal 1897 al 1907

Undershaw, la casa in cui Arthur Conan Doyle ha abitato dal 1897 al 1907

Artur Conan Doyle trova a Hindhead, nel Surrey, a 64 Km da Londra, il luogo perfetto per costruire la casa adatta alle esigenze di salute della moglie Louisa, malata di tubercolosi. Ci vive dal 1897 al 1907. In questo decennio scriverà tredici dei suoi racconti sul più famoso detective del mondo, Sherlock Holmes, tra cui Il mastino di Baskerville. Il nome della tenuta, Undershaw, viene dalla parola arcaica anglo-sassone “shaw“, che significa boschetto.

La grande dimora di campagna non ha avuto la stessa fortuna del suo costruttore. Ridotta fino al 2004 ad essere un semplice hotel, viene poi acquistata da una società, la Fassway Limited, che, incurante della portata storica e culturale del luogo, progetta di creare vari appartamenti. Per salvarla? Servono almeno un milione e mezzo di sterline.

The family had been trying to come up with ways of buying it, but the price was so high we could not afford it. We just wish there was something we could do” aveva commentato il pro-nipote di Conan Doyle, Richard.
(La famiglia aveva cercato di trovare un modo per comprarla, ma il prezzo era così alto che non potevamo permettercelo. Speriamo solo che ci sia qualcosa che possiamo fare)

La campagna di protesta, per la salvaguardia della casa nel Surrey, prosegue per quasi un decennio. Viene creata la Undershaw Preservation Trust, che porta la questione in tribunale. Tra i tanti sostenitori, anche i co-creatori della serie “Sherlock” della BBC: Ian Rankin, Stephen Fry, and Mark Gatiss. La fondazione spulcia tra le righe dei racconti di Conan Doyle e lancia due frasi per incitare alla battaglia:

“The pressure of public opinion can do in the town what the law cannot accomplish” (The Copper Beeches)
La pressione dell’opinione pubblica può riuscire, in una città, dove la legge non arriva
“I shall be proud that we shall be acting together, Mr Holmes” (The Dancing Men)
Sono orgoglioso di lavorare con lei, Mr Holmes

La campagna della Undershaw Preservation Trust

Undershaw vince la causa e il 3 novembre 2014 risorge a nuova vita, proprio quella che Richard Conan-Doyle avrebbe voluto dargli: “I don’t believe that Undershaw should be preserved in aspic, but lived in and laughed in. If it’s possible for some of this magical, special building to become the heart of a new school that contributes to the thriving community of Hindhead then I would be very happy”.
(Non penso che Undershaw debba rimanere sotto una campana di vetro, ma che debba essere viva e gioiosa. Se fosse possibile che questa costruzione magica e speciale diventasse il cuore di una nuova scuola, che contribuisca alla florida comunità di Hindhead, ne sarei felice)

Ci ha pensato David Forbes-Nixon, padre di un bambino con speciali necessità, che frequenta la Stepping Stones School. Crea la DFN Charitable Fundation per fondare, nella casa dei Baskerville, una nuova sede della stessa struttura che aiuta suo figlio. I 2,5 acri di giardino saranno destinati a una piscina e a impianti terapeutici. Le ampie stanze interne, invece, a classi per ragazzini con difficoltà dovute ad autismo o problemi fisici, ansiolitici e medici.

“We are totally committed to the restoration of this building to its unique status as the cradle of so much of Conan Doyle’s genius. Our restoration plans encompass all of the original buildings, including the stable block. Bringing back all the features which made Undershaw special, specifically the stained glass windows and our proposal to faithfully re-create Conan-Doyle’s study, is very exciting. They will be enjoyed by our children and visitors. We very much hope the local community and Conan Doyle enthusiasts from around the world will join us in visiting Undershaw and use some of the facilities which will be created.”
(Ci impegniamo a restaurare questo edificio, per riportarlo al suo massimo splendore, come la culla del genio di Conan Doyle. Il nostro piano di restauro riguarda tutte le costruzioni originarie, inclusa la stalla. Sarà molto eccitante vedere ritornare le peculiarità che hanno reso speciale Undershaw, in particolare le vetrate colorate e la nostra proposta di ricreare fedelmente lo studio di Conan Doyle. I nostri figli e i nostri visitatori ne godranno. Speriamo vivamente che la comunità locale e gli appassionati di Conan Doyle di tutto il mondo verranno a farci visita ad Undershaw e sfrutteranno alcune delle strutture che verranno create.)

La grigia laguna veneziana di Thomas Mann

Eccolo ancora una volta davanti a lui, l’approdo indescrivibile, l’abbagliante insieme di fantastiche costruzioni che la Serenissima offriva allo sguardo ammirato del navigatore in arrivo: la meraviglia lieve del Palazzo e il Ponte dei Sospiri, le due colonne sulla riva col leone e il santo, il fianco splendente del tempio favoloso, la prospettiva dell’arco e dell’orologio dei Mori; e guardando rifletté che giungere a Venezia col treno, dalla stazione, era come entrare in un palazzo per la porta di servizio, e che in nessun altro modo se non per nave, dall’ampio mare, come lui ora, si sarebbe dovuto porre il piede nella città inverosimile tra tutte.”

Da mare si deve giungere a Venezia. Ancora era l’ingresso principale, nobile, quando Gustav Aschenbach, protagonista di “La morte a Venezia” – Thomas Mann 1912 – in preda a un desiderio di viaggiare “sopravvenuto con la violenza di un accesso, spinto al parossismo, all’allucinazione”, ha una visione: “un paesaggio, una palustre regione tropicale sotto un cielo greve di vapori, rorida, lussureggiante e mostruosa, quasi un groviglio primordiale di isole, lagune, di lutulente anse fluviali”.
All’interno però un presagio: “Vide in un folto di nodosi bambù scintillare le pupille di una tigre all’agguato – e si sentì battere il cuore di terrore e d’inesplicabile smania”.

L’aristocratico scrittore di Monaco troverà Venezia già diversa al primo sguardo. Non lo accoglie “in un trionfo luminoso” come sempre. “Mare e cielo restavano grigi come piombo. […] Ci volle un’ora per vederla comparire. Si sentiva arrivato e non arrivato insieme, non aveva fretta eppure avvertiva lo stimolo dell’impazienza.”

Isola di San Giorgio da Piazza San Marco

Isola di San Giorgio da Piazza San Marco

Venezia non è cultura, storia, ricchezza in questo romanzo. E’ morte e amore insieme. È il luogo più sorprendente, ma anche più tetro; dove passioni proibite e malattie invisibili si fondono con i paesaggi di una laguna resa indimenticabile dall’opera umana, ma anche traballante e piena di pericoli. Venezia fa da sfondo lontano alla strenua resistenza che un uomo, sulla via della mezza età, oppone a sentimenti non ricambiati, sinceri quanto peccaminosi, a sguardi rubati che lo portano alla vita, così come alla morte.

Nulla esiste di più singolare, di più scabroso, che il rapporto fra persone che si conoscano solo attraverso lo sguardo: ogni giorno, ogni ora s’incontrano, si osservano e nello stesso tempo, costrette per civiltà o per bizzarria personale a insistere nella finzione, serbano un contegno indifferente e staccato, non si salutano né scambiano parola. Tra loro si forma un fluido di inquietudine e di curiosità esacerbata, un isterico bisogno, inappagato o innaturalmente represso, di conoscenza e di scambio, e soprattutto, infine, una sorta di ansioso riguardo: poiché l’uomo ama l’uomo e lo onora finché non è in grado di giudicarlo, e dall’incompleto conoscersi nasce il desiderio”.

L’oggetto del desiderio è un ragazzino polacco, di nome Tadzio. Lo scrittore Aschenbach lo incontra a Hôtel des bains, un albergo di lusso sulla spiaggia del Lido di Venezia. I due non si parleranno mai, ma il bambino diventerà oggetto di pura venerazione, fino all’inevitabile ossessione. In lui, l’uomo trova la perfezione: “non stava forse scritto che il sole distoglie la nostra attenzione dalle cose dell’intelletto per volgerla a quelle dei sensi?”.

Hotel des bains in una cartolina d'epoca

Hotel des bains in una cartolina d’epoca

Intanto Venezia, immobile, dà i suoi primi segnali del triste destino di Gustav Aschenbach. “Nello spalancare la finestra parve ad Aschenbach di sentire il tanfo purtrido della laguna e provò un senso di malessere”. Sente che deve ripartire, ma lo sguardo e i sorrisi di Tadzio non glielo permettono. Non gli importa del morbo, che si sta diffondendo per “il labirinto dei rii”; tiene celato il segreto di una Venezia “adescatrice ed equivoca” per non far fuggire la sua ormai unica ragione di vita, che continua a perseguitare. “Un pomeriggio si era addentrato nell’intrico della città ammalata. In mezzo ai rii, alle calli, alle piazzette e ai ponti del labirinto, così somiglianti l’uno all’altro, aveva smarrito l’orientamento, non distingueva più neppure i punti cardinali; ma a nulla pensava, fuorché a non perdere di vista l’immagine avidamente rincorsa.”

Seguendo di nascosto Tadzio e la sua famiglia, vede per l’ultima volta il “bagliore accecante” di Piazza San marco e la “dorata semioscurità” della Basilica. Il colera asiatico non lascerà scampo a Gustav. Scopre la presenza della malattia nella città da un funzionario inglese e tutto perde di colore. “La piazza era immersa in un grigiore plumbeo; ignari turisti sedevano ai tavolini dei caffè o, fermi davanti alla chiesa, si lasciavano coprire dai colombi, […]”.

Piazza San Marco, Venezia

Piazza San Marco, Venezia

Il nobiluomo, che era partito da Monaco in cerca di avventura, ormai morente, torna al Lido di Venezia e si siede sulla sua poltrona a sdraio nella spiaggia dell’albergo, da cui per giorni aveva osservato il bel ragazzo polacco giocare con la sabbia e con le onde. Tadzio arriva e i loro sguardi si incontrano per l’ultima volta.

Colui che lo contemplava era seduto là come una volta, quando, rinviato da quella soglia, il grigio sguardo color dell’alba aveva primieramente incontrato il suo. […] Ora si sollevò, quasi rispondendo all’invito dello sguardo, e ricadde sul petto con gli occhi stravolti. […] Ma a lui parve che il pallido e gentile psicagogo laggiù gli sorridesse, gli accennasse, e staccando la mano dall’anca a indicare un punto lontano, lo precedesse a volo verso benefiche immensità. E come già tante volte aveva fatto, si dispose a seguirlo.”

Canal Grande, Venezia

Canal Grande, Venezia

Libri di mano in mano, dalla cantina a una seconda vita

Logo della cooperativa "di mano in mano"

Logo della cooperativa “di mano in mano”

Dallo sgombero si può guadagnare e dare lavoro. È ciò che insegna l’esperienza dell’impresa familiare “di mano in mano”, che accoglie minori e adulti in difficoltà, cercando di dar loro un futuro. Ma non solo. La fonte principale del finanziamento di quest’associazione è il recupero di oggetti, mobili, borse e vestiti dimenticati nelle cantine polverose di abitazioni nell’area metropolitana di Milano. Oggi è diventata una cooperativa di 40 soci, che ha aiutato, dal 1999, trecento persone a trovare un’occupazione.  Collabora con i servizi sociali di Milano, il ministero di grazia e giustizia, l’ASL, la Caritas ambrosiana.

Il vero tesoro nascosto che l’impresa si è ritrovata in mano liberando spazi abbandonati da cumuli di oggetti sono i libri. Libri di ogni tipo, grandezza, periodo, tema, genere. Come non sfruttare questo potenziale? La cooperativa ha colto l’occasione al volo e ha aperto due librerie – “Il libro ritrovato” dicono le insegne – una in viale Espinasse a Milano, una in via Castellazzo a Cambiago, oltre che vendere on-line sul sito http://www.dimanoinmano.it.
Qui si vendono solo libri usati, recuperati dagli sgomberi. Ma la qualità è alta: curiosando tra gli scaffali si possono trovare libri d’epoca, monografie d’arte e prime edizioni.

“Di mano in mano” organizza anche una manifestazione per due volte l’anno. Librando si svolge in primavera nella sede di Cambiago e prima di natale a Milano. Sono dedicate alla seconda vita del libro usato, ma c’è sempre qualcosa da scoprire. Un esempio è l’evento organizzato quest’anno ad aprile. Oltre a tirare fuori tutto l’inventario, “il libro ritrovato” di Cambiago ha anche organizzato una mostra tutta dedicata al mondo dei fumetti: “Da Botticelli a Dylan Dog: la forza dell’immagine”.

Il volantino di Librando a Cambiago, dal 5 al 12 aprile 2014.

Il volantino di Librando a Cambiago, dal 5 al 12 aprile 2014.

Per natale, dal 28 novembre al 7 dicembre, l’appuntamento si sposta in viale Espinasse, nella sede milanese.

Il volantino di Librando a Milano, dal 28 novembre al 7 dicembre 2014

Il volantino di Librando a Milano, dal 28 novembre al 7 dicembre 2014

Chawton House, nel paese di Jane Austen una biblioteca al femminile

“Durante il viaggio in carrozza, Elizabeth stette a spiare con un certo turbamento il primo apparire dei boschi di Pemberly; e quando infine furono in vista del castello, il suo animo fu pervaso da una grande agitazione. […] Continuarono a risalire il parco per mezzo miglio, e si trovarono sulla sommità di un’altura dove il bosco finiva: qui l’occhio era subito colpito dalla vista del palazzo di Pemberly, sito sul lato opposto della valle, nella quale la strada svoltava bruscamente. Era un grandioso, bellissimo edificio in pietra, che si ergeva maestoso su un terrapieno a cui faceva da sfondo una catena di colline elevate e boscose; […] Elizabeth era incantata. Non aveva mai visto un luogo più favorito dalla natura, o dove la bellezza naturale fosse stata meno falsata dal cattivo gusto.”

(Orgoglio e Pregiudizio, Jane Austen)

Chawton House, nello Hampshire

Chawton House, nello Hampshire

La breve e intensa vita della più famosa autrice di romanzi del Regno Unito – Jane Austen – è trascorsa nel cuore dello Hampshire. Quale posto migliore per fondare un centro di studio dedicato alle prime donne scrittrici? A Chawton tutto parla di Sense and sensibiliy, Pride and prejudice, Persuasion. Il piccolo paesino è abbracciato dal South Downs national park. Al suo interno si trova una grande tenuta dove due filantropi americani, Sandra Lerner e Leonard Bosack, hanno deciso di creare un grande archivio, quasi un mausoleo, dedicato a quelle donne che, dal 1600 al 1830, hanno deciso di sfidare i luoghi comuni di una società che non prevedeva per loro nessun ruolo se non quello di angelo del focolare. Dal 1992 i due, pagando un affitto ventennale di 1.25 milioni di dollari, hanno cominciato il restauro dell’edificio e nel 2003 hanno aperto il centro di studio, associato con l’università di Southampton.

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Chawton House, nello Hampshire

Scrittrici, poetesse, femministe, educatrici. Chawton House racconta tutto questo, ma anche qualcosa in più. Non a caso, infatti, è stata scelta questa immensa villa. Da secoli di proprietà della famiglia Knight, viene ereditata nel 1797 da Edward Austen. La sorella, Jane Austen, non abiterà mai in questa casa ma in un’altra, più piccola, a Chawton, dal 1809 fino alla sua morte, nel 1811. É qui che scrive i suoi romanzi più famosi, è qui che trae ispirazioni per i paesaggi che fanno da sfondo a intricate storie famigliari e sentimentali.

Tra i nomi presenti nell’archivio: Penelope Aubin, Aphra Behn, Frances Burney, Maria Edgeworth, Eliza Haywood, Charlotte Lennox, Hannah More, Sydney Owenson, Ann Radcliffe, Mary Robinson, Mary Shelley, Frances Sheridan, Charlotte Smith and Mary Wollstonecraft. Non poteva mancare il manoscritto originale di un romanzo di Jane Austen. In tutto comprende 9.000 libri.

La biblioteca di Chawton House

La biblioteca di Chawton House

Chawton House è la sede dell’Annual general meeting of Jane Austen society in Inghilterra, nonché set di alcune miniserie inglesi come “love on a branch line” e “there’s something about Austen“.

I numeri di Bookcity 2014

Milano si riscopre capitale italiana della lettura. Quello della terza edizione di Bookcity è stato un weekend unico. Nonostante la pioggia torrenziale, migliaia di cittadini e di visitatori hanno partecipato ai più di 900 incontri, eventi, mostre, spettacoli, manifestazioni, che l’Assessorato alla cultura del capoluogo lombardo e il comitato promotore dell’evento hanno organizzato in musei, biblioteche, palazzi antichi, teatri.

Bookcity è trasversale: parte da David Grossman giovedì 13 novembre, che presenta il suo nuovo libro e riceve il sigillo della città; si conclude con il Premio Nobel Dario Fò al teatro Studi Melato. In mezzo a questi due pilastri della letteratura contemporanea c’è di tutto: scrittori e giornalisti, cuochi e scienziati, cantautori e attori.

Il premio? Diventare la città del libro 2015 ed essere testimone oculare che la lettura non è una pratica in via di estinzione ma più che mai attuale.

Il prossimo anno Bookcity si tingerà di Expo da 22 al 25 ottobre.

I numeri di Bookcity

I nu

Bookcity sul web

Infografica bookcity social

David Grossman, gli occhi buoni e la forza delle parole

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David Grossman, scrittore israeliano che si batte per la pace nel suo paese. Tra i suoi romanzi più famosi: Qualcuno con cui correre, A un cerbiatto somiglia il mio amore, Che tu sia per me il coltello.

Tutti abbiamo bisogno di essere guardati con sympathetic weakness. il nuovo romanzo di David Grossman, “Applausi a scena vuota” è racchiuso in questa frase. Lo scrittore, all’inaugurazione del Bookcity di Milano, tenta di spiegare ciò che si prova quando, dopo essere stati guardati con occhi ostili, cattivi, critici e – ancor peggio – pieni di indifferenza, si volge lo sguardo verso degli occhi buoni, che ti conoscono da una vita intera, e che remind to us how good we could be.

Il modo di vedere il mondo e la forza nelle parole per descriverlo è il tema principale dell’intervento di un uomo che è riuscito a spiegare un mondo difficile e contorto come quello che è teatro del conflitto arabo-israeliano. Quando si scrive di qualcosa che incute terrore e disperazione con parole crude e concrete, i lettori finiscono per discostarsene e non accettano la realtà. L’autore ha quindi tentato, nei suoi romanzi, di passare dalla porta di servizio, e di calare colui che sta leggendo le sue storie in un’atmosfera piena di sfumature, che sorprendono e permettono di formulare risposte per capire il mondo che si sta dipingendo.

Grossman parla anche dei suoi mondi di fantasia. Ciò che per i ragazzi di oggi rappresenta Harry Potter – una realtà completamente nuova in cui calarsi e sognare – era per lui, bambino, una collana di libri di un autore russo che raccontava le vite degli ebrei in Europa orientale nei primi anni del XX secolo. Lo ricorda come un magic world, un luogo in cui gli ebrei sono a contatto con altre persone diverse – nella sua mente di bambino non esistevano altre etnie o altre religioni sulla terra – e dove ogni persona ha una storia da raccontare. Quasi come un libro sacro. É una realtà full of life che si muove in parallelo alla sua vita di tutti i giorni. L’incantesimo si rompe quando, durante la giornata della memoria, si rende conto che tutti quei personaggi fantastici, che avevano preso vita dalle pagine di un romanzo, erano morti in una delle tragedie più drammatiche della storia dell’umanità. Un unico sentimento pervade Grossman bambino: shocked. La stessa sensazione di stare davanti al sole e rimanerne accecati.

Lo scrittore, che da anni si batte per la pace in Israele, sottolinea che prima di capire, di analizzare e di affrontare un tema complicato come la questione palestinese, ci si deve fermare a pensare: remember how it started. Racconta della paura di un ragazzo appena 13enne, durante la Guerra dei Sei Giorni del 1967, quando l’unico sentimento sotto i bombardamenti era la convinzione che tutti i tre milioni di israeliani erano condannati a morte. Ricorda la paura. Ricorda la wave of relief – non gioia, soltanto sollievo – all’arrivo del bollettino di guerra che annunciava la vittoria di Israele.
Remember how it started. E poi, da quella notte, da quella paura, si possono iniziare ad affrontare l’oppressione e l’occupazione che sono ancora oggi più vive che mai.

book_city_milanoDavid Grossman ha aperto la terza edizione di Bookcity a Milano, che conta più di 900 eventi in tre giorni, dal 13 al 16 novembre. Il Sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, ha consegnato allo scrittore il sigillo della città.

Il bibliobus, una biblioteca su quattro ruote

BibliobusNel 1857, nella Contea di Cumberland (Regno Unito), un filantropo inglese, George Moore, decide di diffondere la cultura tra la popolazione rurale. Il Preambulating Library è un carretto trascinato a mano pieno di libri.
Nel 1859, sempre nel Regno Unito, ma a Warrington, il Mechanics’ Institute utilizza invece un calesse trascinato da cavalli per incrementare il prestito di libri tra i villaggi locali.

Sono i primi antenati dell’odierno servizio del bibliobus, anche chiamato bookmobile o mobile library. Le biblioteche pubbliche, presenti in tutte le più importanti città del mondo, non possono far fronte alla necessità di prestito libri nelle zone più sperdute, periferiche e rurali. Perché quindi non montare una biblioteca su un mezzo di trasporto? Ce ne sono di tutti i tipi: autobus, furgoni, ma anche barche, biciclette, moto.

L’IFLA, international federation of library associations, nel 2010 ha pubblicato le Mobile Library Guidelines, segno che la pratica si è ormai diffusa a livello mondiale. Ci sono esempi in tutti i paesi del globo: dal Kenya, dove ha preso il via nel 2007 il Camel Bookdrive; alla Spagna che conta all’interno del suo territorio ben 85 bibliobus. L’autobus biblioteca più grande del mondo si trova a Tampere, in Finlandia: al suo interno si possono utilizzare anche 12 computer.

In Italia il primo fautore è stato Luciano Bianciardi, direttore della biblioteca Chelliana a Grosseto. Dopo la guerra, il letterato capisce che è suo dovere riportare la cultura nelle campagne: i libri vengono trasferiti in un furgone e portati direttamente alle case dei destinatari.

Ci sono esempi di bibliobus sia nei grandi centri sia nelle più piccole città di provincia.
Un esempio di successo è stato quello dell’Oltrepò pavese: si è partiti dall’area occidentale della regione nel 2004, per poi estendersi anche nella parte orientale nel 2013, grazie principalmente a finanziamenti dell’Unione Europea. Il risultato sono 2500 iscrizioni al servizio.

Nel 2005 la Regione Toscana e la Biblioteca dell’Isolotto, che si trova nel capoluogo fiorentino, hanno organizzato un raduno dei principali servizi pubblici di bibliobus – tra le città più importanti, Milano, Ravenna, Firenze, Roma. Si è parlato di come sfruttare al meglio questo progetto, incrementando le attività proposte: aiuto allo studio per bambini immigrati, biblioteca scolastica, bebèbus, promozione di eventi culturali. La Regione ha anche pubblicato una guida.

I bibliobus non sono solo soltanto luoghi a quattro ruote che trasportano libri: sono centri di incontro e di scambio culturale, ambienti accoglienti; rappresentano la sicurezza di poter raggiungere il sapere anche se si vive in periferie degradate o in ambienti sperduti e rurali.

A Firenze la lettura viaggia col taxi

Lascia un libro in taxiFirenze traspira cultura da ogni angolo. Firenze non poteva restare a guardare mentre il mondo inventava il bookcrossing. Si è quindi pensato a un modo originale per rendere questa pratica, che unisce la condivisione alla diffusione della letteratura, tutta fiorentina.

Non ci hanno pensato i bibliotecari, i librai o i consiglieri comunali. L’idea è nata tra i tassisti, una categoria che non ha nulla a che fare con polverosi manuali, ma tutto con la frenetica vita dell’uomo, che rimbalza da una parte all’altra, senza più tempo per leggere qualche riga. Uno di questi businessman – o chissà? turista o cittadino – è colui che ha dato l’input per una geniale versione del booksharing: dimenticando il proprio libro nel sedile posteriore di un taxi, ha fatto nascere nella Cooperativa Socota – Radiotaxi 0554242, l’idea di sfruttare quei 10-15 minuti che centinaia di persone passano nelle loro auto.

Dal 1 novembre al 31 marzo 2014, nella città toscana prende vita un progetto chiamato “lascia un libro in taxi”. La Giunti Editore si è fatta carico di provvedere ai primi volumi che verranno posizionati nei taxi: ogni persona che entrerà nelle auto potrà sfogliare, leggere e anche portar via il romanzo trovato. Lo sharing prevede però che si dovrà lasciare qualcosa al futuro passeggero: se non un libro, almeno un consiglio, una dedica o un pensiero.

Il progetto è stato presentato alla CoolT – Settimana della cultura in Toscana (9-19 ottobre). A fine marzo una giuria selezionerà e premierà i migliori consigli letterari.

“L’ombra” di Barcellona “del vento” tra i misteri

l'ombra nel vento - zafòn - BarcellonaErano i primi giorni dell’estate del 1945 e noi camminavamo per le strade di una Barcellona intrappolata sotto i cieli di cenere e un sole vaporoso che si spandeva sulla rambla de Santa Mónica in una ghirlanda di rame liquido. […] Per strada si udivano solo i passi di qualche guardia notturna. I lampioni delle ramblas impallidivano accompagnando il pigro risveglio della città, pronta a disfarsi della sua maschera di colori slavati.

É una Barcellona cupa, silenziosa, grigia quella in cui Carlos Ruiz Zafón inserisce la storia di Daniel Sempere e di Julian Carax. É la Barcellona franchista, dove un tenente della polizia può ridurre all’orlo della pazzia e nella miseria un uomo onesto. É una città misteriosa, come misteriose sono le storie in essa contenute.
Il cimitero dei libri dimenticati è il punto di partenza del viaggio che legherà a doppio filo la vita di un ragazzo e di uno scrittore, grazie a un romanzo e a una penna stilografica.

Daniel Sempere ripercorre la tormentata vita di Julian Carax introducendosi negli angoli più bui della capitale catalana, sconfitta, ormai intrappolata in una dittatura che la sta consumando.

Ogni luogo è rappresentante di quella cultura tenuta nascosta e febbrilmente conservata; che sopravvive e sboccerà poi con il ritorno alla democrazia. C’è la libreria Sempere e figli, la casa del protagonista, simbolo di rifugio morale e sociale. C’è poi la biblioteca di Tomás Aguilas, rappresentante della parte più intellettuale ma anche più ligia ai profitti che dalla cultura possono derivare. É un luogo di perdizione, dove Daniel, il protagonista, troverà la prima passione e violentemente la perderà. Casa Penélope, dell’imprenditore Aldaya, esprime lo stesso sentimento per il secondo protagonista, lo scrittore Julian Carax, che aveva trovato la sua strada tra le mura della biblioteca della ricca famiglia, ma sfogliando tra le pagine, un amore tanto forte quanto sbagliato l’aveva portato verso la disperazione e il fallimento.

L’università di Barcellona è il centro geografico di questa storia. “L’università era, ed è tutt’ora, uno dei tanti luoghi della città in cui tutte le lancette del tempo si sono fermate al diciannovesimo secolo. Dal patio una scalinata in pietra conduceva a un reticolo di corridoi e sale di lettura, dove invenzioni come il telefono, la fretta o l’orologio da polso sembravano anacronismi futuristici.

Universitat-Barcelona

Università di Barcellona

L’università è dove nasce ciò che svela il mistero del romanzo, ciò che schiude il grigiore di una città in rovina e di vite alla deriva. Daniel e Bea si incontrano qui.

La sera era scesa quasi a tradimento. L’aria fredda spazzava le strade, mentre un manto color porpora tingeva ogni angolo della città. Allungai il passo e venti minuti più tardi vidi la facciata dell’università, simile a una nave ocra arenata nella notte. […] Erano rimasti pochi studenti. I miei passi rimbombavano lungo i corridoi, dove la luce giallastra di due lampadine scalfiva appena la penombra. […] Le chiome argentee degli aranci del chiostro frusciavano e il chioccolio della fontana era un’eco tra gli archi del porticato. Mi guardai intorno, preparandomi a una delusione o, chissà, a un sollievo codardo. Lei era lì, seduta accanto alla fontana, lo sguardo rivolto verso il chiostro.”

La loro storia d’amore nascerà con la pretesa di scoprirsi e scoprire insieme gli angoli più nascosti di Barcellona. “Ti stai sbagliando anche su Barcellona: pensi di conoscerla a menadito ma sono sicuro che non è vero e, se me lo permetti, te lo dimostrerò.”

E poi la città si trasforma pian piano. “Quando risalii in superficie, trovai un’altra Barcellona: era giorno e un raggio di luce purpurea squarciava le nubi illuminando le facciate dei palazzi e delle eleganti dimore che fiancheggiavano l’avveniva di Tibidabo. Il piccolo tram blu iniziava, pigro, il suo viaggio tra la nebbia.

La luce invade le tenebre e il mistero si svela sempre più, fino a far scoprire una città difficile e problematica, che sa però conservare dentro di sé storie drammatiche ma piene d’amore e di speranza, che, in un modo o nell’altro, trovano la loro giusta conclusione.

Ci incamminammo in direzione della Barceloneta e, passo dopo passo, arrivammo fino al frangiflutti. La città, avvolta nel silenzio, si offriva al nostro sguardo emergendo dalle acqua calme del porto come un miraggio. Ci sedemmo sul molo per contemplare lo spettacolo. […] – Questa città è magica, Daniel. Ti entra nel sangue e ti ruba l’anima –