“Escape from Camp 14”: la vita in un campo di prigionia nordcoreano

In Nord Korea la popolazione è indottrinata fin dalla nascita. I membri della famiglia Kim, che governano il Paese dal 1948, sono considerati divinità e vengono venerati in ogni luogo pubblico e privato. Non c’è classe senza una fotografia di Kim Il-Sung, il “presidente eterno” e di Kim Jong-Un, l’attuale leader. La società nordcoreana è totalmente militarizzata. Ovunque si incontrano divise e uniformi. Ogni cittadino presta servizio nell’esercito per sette anni. Un periodo di leva obbligatorio durissimo che poco tempo fa è stato esteso anche alle donne. In Nord Korea la gerarchia di comando è rigidissima, e non solo all’interno dei palazzi del potere. Tutta la cittadinanza è divisa in caste, e solo i più ricchi e potenti hanno il privilegio di risiedere nella capitale, Pyongyang. Tutti gli altri popolano le campagne, e vivono sulla soglia della sopravvivenza. La grande carestia degli anni ’90 ha ucciso milioni di persone e, sebbene oggi le cose siano migliorate grazie agli aiuti internazionali, la Nord Korea è comunque considerato uno dei paesi più poveri del mondo, con indice di sviluppo inesistenti. Non c’è rispetto per i diritti umani basilari, la vita di un comune contadino vale come quella di un animale, nessuno può spostarsi liberamente, né all’interno della nazione né fuori.

11797365Nonostante la situazione della Nord Korea sia penosa per gli occhi di un occidentale, lo sguardo di Shin, appena fuggito dal campo di prigionia numero 14, trasuda entusiasmo, shock e libertà. Oggi Shin vive a cavallo tra Stati Uniti e Sud Korea, ha raccontato la sua storia in un libro – “Escape from camp 14” – grazie al giornalista del New York Times Blaine Harden ed è impegnato nella lotta alla violazione dei diritti umani in Nord Corea. La sua vita però è iniziata in un campo di prigionia, il campo 14, ed è lì che ha passato i suoi primi vent’anni, prima di riuscire a fuggire dal muro di filo spinato elettrificato e poi fuori dal confine nordcoreano, verso la Cina.

“Like Nazi concentration camps, labor camps in North Korea use confinement, hunger, and fear to create a kind of Skinner box, a closed, closely regulated chamber in which guards assert absolute control over prisoners. Yet while Auschwitz existed for only three years, Camp 14 is a fifty-year-old Skinner box, an ongoing longitudinal experiment in repressione and mind control in which guards breed prisoners whom they control, isolate, and pit against one another from birth”.

Shin Dong-hyuk è il primo testimone oculare di cosa significhi vivere in un campo di prigionia. Le autorità nordcoreane si rifiutano di ammettere che esistano. Prima di Shin, gli unici racconti provenivano da membri dell’esercito, fuggiti dal Paese, che vi avevano prestato servizio. Nessun prigioniero è mai riuscito a scappare. I campi sono stati creati per eliminare, nell’arco di poche generazioni, il sangue impuro e traditore di coloro che hanno compiuto qualche crimine contro la famiglia Kim, e quindi contro la sovranità nazionale. Nel caso di Shin, la sua colpa è quella di essere figlio di Shin Gyung Sub. I fratelli dell’uomo erano scappati a sud durante la guerra in Corea. Tutta la famiglia viene deportata nel 1965. Il campo 14, a detta di molte testimonianze, è il peggiore.

Kim Jong-Un, l'attuale leader della Nord Korea

Kim Jong-Un, l’attuale leader della Nord Korea

L’elettricità funziona per due ore al giorno, non c’è acqua corrente, non ci sono tavoli, né sedie, né letti. Non esistono famiglie o amici. Non c’è solidarietà né complicità. C’è solo un obiettivo: sopravvivere. Come animali rinchiusi in gabbie, gli abitanti del Campo 14 procreano solo quando a loro viene dato il permesso, obbediscono alle guardie, fanno la spia gli uni con gli altri nella speranza di ottenere cibo extra. I bambini, appena abbastanza grandi, vanno a vivere all’interno di grandi dormitori dove vengono sorvegliati di notte e condotti a scuola di giorno, dove imparano a lavorare e non discutere gli ordini. Le guardie abituano i loro schiavi ad essere picchiati ogniqualvolta ce ne sia bisogno: devono ricordare in ogni momento che il loro sangue ha tradito la Patria e che loro devono pagare per i peccati dei suoi parenti. Non c’è pietà per bambini o donne. Gli anziani non esistono perché tutti muoiono giovani. I prigionieri dei campi sono talmente insignificanti agli occhi dei comandanti nord coreani che non si scomodano neanche a far propaganda. Shin cresce senza sapere chi sia il Presidente Eterno, dove sia la capitale del suo Paese, o chi comandi la Nord Corea. Non sa niente della famiglia Kim, così come non sa cosa sia il denaro o che la terra è piatta.

Il campo 14 ripreso dal satellite

Il campo 14 ripreso dal satellite

Summertime, when children were sent to the fields to help plant and weed, was peak season for rats and field mice. Shin remembers eating them every day. His happiest, most contented childhood moments were when his belly was full”.

La fame è ciò che guida le azioni di Shin. Tutto ciò che fa e che pensa si riduce alla necessità di riempire il suo stomaco. Tradisce la madre e il fratello, mentre cercano di scappare dal campo, per il cibo. Li vede una sera condividere una ciotola di riso e non perdona loro il pasto consumato alle sue spalle. “It is difficult to overstate the importance of rice in North Korean culture. It signifies wealth, evokes the closeness of family, and sancrifies a proper meal. Labor camp prisoners almost never eat rice and its absence is a daily reminder of the normality they can never have“. Si ritrova comunque in carcere: per i soldati è un possibile complice dei familiari. La prigione è il punto più tragico della vita di Shin, ma è anche il momento in cui inizia ad accorgessi del mondo esterno. Dopo torture, interrogatori, percosse e maltrattamenti di ogni sorta, viene condotto da Uncle – così lo chiama nel libro – un vecchio carcerato che ha il compito di curarlo. Uncle è la prima crepa nel muro di ignoranza costruito nella mente di Shin. È anche il primo essere umano verso cui prova dei sentimenti, che non siano odio, invidia o rancore.

The old man described what food outside the fance looked, smelled and tasted like. Thanks to his loving desciptions of roasting pork, boiling chicken, and eating clams at the seashore, Shin’s appetite came back with a vengeance. […] Shin did not want to leave the cell. He had never trusted – never loved – anyone before. In the years ahead, he would think of the old man in the dark room far more often and with far greater affection than he thought of his parents. But after guards led him out of the cell and locked its door, he never saw Uncle again“.

Shin, l'unico nordcoreano ad essere riuscito a fuggire da un campo di prigionia

Shin Dong-Hyuk, l’unico nordcoreano ad essere riuscito a fuggire da un campo di prigionia

Finita la scuola, ad ogni ragazzo viene assegnato un’occupazione dove passerà la sua vita e dove probabilmente morirà. Shin è fortunato. Per cinque anni, dal 1999 al 2003, lavora nell’allevamento dei maiali, il posto in cui c’è più cibo da rubare in tutto il Campo 14. “The farm was located up in the hills, away from the river, about a half hour’s walk from Shin’s former school and the house where he had lived with his mother“. Improvvisamente vine trasferito in una fabrica di uniformi militari, un posto caotico, rumoroso, dove 2000 persone stressate passano 12 ore al giorno a tagliare, cucire, confezionare abiti. Anche qui, nel momento in cui la sorte sembra non sorridergli, Shin incontra una persona – la seconda – in grado di cambiare la sua prospettiva e quindi la sua vita.

There was also a newscomer, an educated prisoner from Pyongyang. He had been schooled in Europe and had lived in China. He was to tell Shin about what he was missing”. Park Yong Chul è un prigioniero esoogeno. Non è nato nel Campo 14 ma vi è stato portato perchè fuggito dalla Nord Corea e poi rientratovi segretamente. Park è il mentore di Shin, è colui che lo guida nella conoscenza del mondo fuori dal campo. Mentre Park si stupisce dell’ignoranza del ragazzo e tenta di insegnargli tutto ciò che non sa, Shin segue con interesse le sue lezioni solo per un motivo, il cibo. Se Uncle era riuscito a raccontargli le poche e scarne prelibatezze della nord Korea, Park è in grado di parlargli dei piatti che si consumano in Cina, in Germania, in Inghilterra e nell’ex Unione Sovietica. Shin vuole scappare. Non per essere libero, ma per poter smettere di avere fame.

As they walked the factory floor, Park told Shin that the giant country next door was called China. Its people were rapidly getting rich. He said that in the south there was another Korea. In South Korea, he said, everyone was already rich. Park explained the concept of money. He told Shin about the existence of television and computers and mobile phones. He explained that the world was round”.

Ci riuscirà. Il due gennaio 2005, quando lui e Park vengono condotti nel bosco per potare gli alberi a ridosso del confine del Campo 14, costellato di filo spinato elettrificato. L’amico e mentore non ce la farà. “When he cleared the fence, he had no idea where to go. At the crest of the mountain, the only direction he could comprehend was down. At first he waved through a patch of trees. But within minutes, he was out in the open, stumbling actoss upland fields and pastures that were sporadically lit by a half moon showing through clouds“.

Shin compie un viaggio molto lungo all’interno della Nord Korea per raggiungere il confine con la Cina. Per lui, che ha vissuto come un animale per tutta la vita, anche la povertà estrema delle città che vede è entusiasmante. È scioccato dal fatto che le persone possano muoversi liberamente, senza eseguire gli ordini dei soldati. Cerca di scoprire il funzionamento del denaro e si cimenta nel mercato nero che sta diventando la principale fonte di business per i cittadini nordcoreani. Segue poveri commercianti per le strade montane del nord del Paese. Si nasconde in treni merci. Viene ingannato per la sua poca dimestichezza con le cattiverie del mondo. Viene derubato e poi aiutato. Alla fine raggiunge il confine, che oltrepassa corrompendo le guardie, affamate quanto lui. escape-from-camp-14-blaine-harden

**A gennaio 2015 Shin ha ritrattato parte della sua storia. Le torture, le condizioni di vita e la disumanità dei campi di lavoro non sono mai state messe in discussione, ma Shin ha ammesso che all’età di sei anni lui e la sua famiglia sono stati trasferiti nel campo 18. Inoltre il periodo descritto nel carcere sotterraneo si è in realtà svolto quando aveva 20 anni – e non 13 come aveva raccontato inizialmente – dopo un tentativo fallito di fuggire dal campo. “Abbiamo tutti qualcosa del nostro passato che non vogliamo portare alla luce” ha scritto. “Anche io, da sempre cerco di nascondere e celare parte del mio passato. Diciamo a noi stessi che è normale non rivelare ogni piccolo dettaglio, e che potrebbe non essere importante se certe parti non sono chiare”.

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